Le esperienze di vita, specie quelle brutali, l’hanno formata: Vera Gemma si racconta e svela aneddoti davvero particolari.
Tutto quello vissuto di bello e di brutto della sua vita è stato un tassello per diventare quella che è oggi. Lo ha detto Vera Gemma a MOW in una lunga intervista nella quale ha parlato di tantissimi argomenti tra cui aneddoti presenti nel film “Vera” a lei dedicato e non solo.
Vera Gemma: la delinquenza, le botte e non solo
“Non sono pienamente responsabile della pellicola. Quando lavoravo al circo come domatrice di tigri e leoni ho conosciuto i due registi Tizza Covi e Rainer Frimmel ed è nata una amicizia. In particolare con Tizza, che ha iniziato a farmi tante domande, a venirmi a trovare a Roma e dopo un anno di frequentazione mi ha detto: ‘Sto scrivendo un film per te'”, ha raccontato la Gemma a proposito del film sulla sua vita del quale non era troppo entusiasta all’inizio perché “sapevo che sarebbe stato un impegno enorme dal punto di vista emotivo. Mettendomi in gioco avrei dovuto spogliarmi nell’anima, che è peggio che nel corpo. Il resto è arrivato in modo naturale”.
Nel corso dell’intervista, anche alcuni passaggi duri come la scelta di fare la spogliarellista a Los Angeles: “Quando è venuta a mancare mia madre, io e mia sorella abbiamo ereditato dei soldi. Io non avevo il senso di quanto valesse il denaro, perché la mia famiglia non ci viziava più di tanto, era tutto ponderato attraverso una educazione severa. In quel momento mi ritrovo a 20 anni con una grossa cifra in mano e nell’arco di un lasso di tempo piuttosto breve li ho bruciati tutti, me li sono fatti anche mangiare dagli altri. Mio padre mi disse: ‘Fai quello che ti pare, mettiti alla prova, perché da me non vedrai più una Lira’”.
Gli uomini e le botte
Nella storia di Vera Gemma anche il rapporto di conflitto con gli uomini, soprattutto con quelli che la picchiavano: “Più di una volta. Andavo proprio a cercare persone estreme. Ero attratta dalla delinquenza. Una volta ho conosciuto uno che non dormiva da venti giorni nello stesso letto perché ricercato. Un’altra mi sono ritrovata con uno in un inseguimento della polizia. Oppure c’è quello che mi ha addormentato e derubato, come si vede nel film. È tutto vero. Non mi sono svegliata per due giorni. Non so cosa mi ha dato, potevo anche morire. Diciamo che Dio, o un angioletto, mi ha voluto bene perché ho messo la mia vita in pericolo più volte. Ma avrò un altro destino”.
E a domanda precisa: “Se sono pentita di quella vita? Non ne vado fiera. Purtroppo ne ho avuto bisogno per capire tante cose, per diventare quella che sono e anche per essere brava in questo film. Se non hai vissuto non hai niente da raccontare. Se il dolore non ti appartiene come puoi trasferirlo? Ognuno ha il suo modo per viverlo”. […].
Di seguito anche un recente post Instagram della donna: